Il sistema pensionistico, che consente di conseguire un reddito a coloro che hanno concluso la loro vita lavorativa o sono impossibilitati a svolgerla, è istituto di grande importanza che viene incontro ad una primaria esigenza. Il sistema pensionistico ha quindi avuto grande sviluppo, diversificando le tipologie e i relativi caratteri.

Il sistema pensionistico non garantisce soltanto i lavoratori ma anche chi non può svolgere attività lavorativa anche per motivi sopravvenuti; a tali soggetti può essere riconosciuta la diversa pensione di invalidità, da non confondere con l’assegno di accompagnamento che viene riconosciuto ai soggetti bisognosi indipendentemente dallo svolgimento dell’attività lavorativa.

Evoluzione del sistema pensionistico

Il sistema pensionistico si basa essenzialmente su tre tipologie: pensione di vecchiaia al raggiungimento dell’età pensionabile, di anzianità a seguito del versamento di un certo numero di contributi previdenziali e di invalidità in caso di impossibilità a svolgere l’attività lavorativa.

Tuttavia, soprattutto a seguito dell’innalzamento dell’aspettativa di vita che ha portato ad una situazione di squilibrio tra forza lavoro e pensionati, si sono rese necessari alcuni sostanziali correttivi al sistema.

La prima radicale modifica del sistema pensionistico è intervenuta nel 1995 con la legge Dini che ha sostituito il previgente sistema retributivo con quello contributivo, attualmente in vigore.

Mentre il sistema retributivo calcola l’importo della pensione basandosi sulle ultime retribuzioni percepite durante la vita lavorativa, il sistema contributivo si basa sui contributi effettivamente versati durante tutta la carriera lavorativa. In questo modo, nel primo caso venivano garantite pensioni più alte, divenute però insostenibili per i conti pubblici, così si è optato per il sistema contributivo, dove l’importo della pensione dipende dai versamenti accumulati.

Tenuto conto della differenza tra il sistema retributivo, più vantaggioso per il pensionato, e il sistema contributivo, più penalizzante, per chi aveva versato contributi prima del 1/01/1996 viene prevista l’applicazione di un sistema misto che combina i due sistemi secondo parametri variabili a seconda della categoria lavorativa.

La modifica però è risultata insufficiente e, di conseguenza, nel 2011 è intervenuta la legge Fornero che ha innalzato i requisiti sia dell’età anagrafica che delle annualità contributive complessive necessarie al pensionamento.

Tali riforme però, al fine di alleggerire l’onere in capo allo Stato, sono risultate molto gravose per i beneficiari in quanto ritardavano l’età pensionabile. Pertanto, dal 2020 sono stati introdotti dei correttivi che hanno trasformato la pensione di anzianità nella diversa pensione anticipata, la quale prende in considerazione sia il requisito dell’età pensionabile che quello dei versamenti contributivi.

Principali tipologie di pensioni

Ogni tipologia di pensione presenta le sue peculiarità e alcune problematiche, per questo è importante conoscere le differenze e i requisiti necessari per accedervi, per avere le corrette aspettative e adottare eventualmente le cautele necessarie

Pensione di Vecchiaia

La forma principale di pensione rimane la pensione di vecchiaia, consistente nell’assegno previdenziale erogato al raggiungimento di un’età stabilita dalla legge, previa maturazione di un minimo di contributi versati (di norma 20 anni).

L’età pensionabile non è fissa, ma viene sottoposta a periodici aggiornamenti per adattarla all’aspettativa di vita. Attualmente è fissata a 67 anni per la maggior parte delle categorie di lavoratori, da cui sono esclusi coloro che svolgono lavori logoranti per i quali il limite d’età è abbassato.

L’innalzamento del limite dell’età lavorativa è diretta conseguenza dell’aumento dell’aspettativa di vita, che a sua volta comporta un maggiore onere per lo Stato, ma deve tenere conto anche delle possibili problematiche legate all’invecchiamento dei lavoratori e alle relative possibili condizioni di salute.

A seguito del passaggio da sistema retributivo a quello contributivo è necessario distinguere i lavoratori che hanno iniziato a versare i contributi prima del 31/12/1995 e chi dopo il 1/01/1996, per questi ultimi infatti l’età pensionabile sale a 70 anni ma è destinata a salire ulteriormente, con qualche eccezione per le lavoratrici madri.

Pensione di Anzianità e Pensione Anticipata

Come accennato, le riforme introdotte hanno trasformato la pensione di anzianità, che viene ora chiamata pensione anticipata dal momento che consente di andare in pensione anche prima del raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia.

Gli attuali requisiti per l’ottenimento della pensione anticipata richiedono il versamento di contributi effettivi per 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, è tuttavia possibile per il lavoratore proseguire l’attività lavorativa fino al raggiungimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia, conseguendo così una pensione di importo superiore in ragione dell’aumento di annualità contributive versate.

Dal momento che, anche con la pensione anticipata, il periodo di contribuzione necessario è abbastanza elevato, è stata prevista la speciale categoria della pensione per i lavoratori precoci a beneficio di coloro che hanno incominciato a versare contributi lavorativi prima dei 19 anni, si trovano disoccupati o devono assistere un convivente o, ancora, sono affetti da invalidità superiore al 74% o hanno svolto attività o professioni gravose, di cui a tabella specifica, da non confondere con le attività usuranti.

Vi sono poi altre modulazioni di questa tipologia di pensione, finalizzate all’abbassamento dell’età pensionabile se correlata al versamento di un certo numero di annualità di contributi, comportando però in alcuni casi una riduzione della pensione finale.

Sono state quindi introdotte, a partire dal 2019, alcune possibilità di opzione che uniscono un’età minima ad un numero necessario di annualità di contributi; si sono susseguite così negli anni:

            2019: quota 100: età pensionabile di 62 anni e 38 anni di versamenti contributivi

            2021: quota 102: età pensionabile di 64 anni e 38 anni di versamenti contributivi

            2023: quota 103: età pensionabile di 62 anni e 41 anni di versamenti contributivi

Ispirata allo stesso filone è stata introdotta nel 2021 l’opzione donna che prevede la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione a 58 o 59 anni con 35 anni di versamenti contributivi; in questo modo però essendo commisurata all’ammontare dei contributi versati, attribuisce una pensione di entità minore rispetto a quella ordinaria ed inoltre viene corrisposta dopo 12 o 18 mesi senza diritto agli arretrati. Tali limitazioni sono state confermate nel 2023 che ha però aggiunto la necessità di ulteriori requisiti, tra cui l’assistenza necessaria ad un convivente, oppure un’invalidità superiore al 74%, o la presenza di licenziamenti collettivi. Rimane il requisito dei 35 anni di contributi mentre, l’età anagrafica può essere di 58, 59 o 60 anni a seconda della presenza o meno di figli.

Una forma particolare di pensione anticipata è prevista per i lavoratori che hanno svolto attività usuranti per almeno 7 anni prima degli ultimi 10 anni lavorativi. Per tali soggetti è richiesto il requisito contributivo minimo di 35 anni, senza il requisito dell’età anagrafica.

La pensione anticipata è altresì prevista nella forma dell’Ape sociale, per i lavoratori divenuti disoccupati o tenuti all’assistenza da almeno 6 mesi verso conviventi o invalidi almeno al 74%, che consente di ottenere un assegno previdenziale di massimo 1.500 euro fino al raggiungimento dell’età pensionabile. Il beneficio non è per tutti i tipi di lavori, ma per attività particolarmente difficoltose o rischiose, nelle mansioni o nelle responsabilità.

Contributi versati presso diversi enti previdenziali

Il requisito più importante per l’accesso alla pensione, oltre all’età anagrafica, è l’ammontare dei contributi versati, che ha assunto importanza ancora maggiore con la prevalenza del sistema contributivo.

Può anche accadere che, nel corso della vita lavorativa, l’interessato abbia svolto attività assoggettate a casse pensionistiche diverse; in questi casi è importante verificare se c’è la possibilità di unificare la pensione. Per valutare questa possibilità è necessario prendere in considerazione quattro criteri specifici: computo nella gestione separata, totalizzazione dei periodi assicurativi, cumulo dei periodi di versamento precedenti al 1996 e cumulo dei periodi di versamento successivi al 1996. Nel caso in cui, a seguito della valutazione dei criteri, l’unificazione pensionistica non risultasse possibile, dovrà essere verificata la possibilità di accedere a diverse pensioni riferibili ai diversi enti

Pensione ai superstiti

I parenti stretti del pensionato deceduto hanno la possibilità di beneficiare di una quota della pensione che sarebbe spettata a quest’ultimo. La pensione ai superstiti può essere di due tipi: indiretta, se il decesso dell’assicurato avviene prima del pensionamento, e di reversibilità, quando il decesso avviene dopo il pensionamento.

Beneficiari di questo trattamento sono il coniuge, anche se separato o divorziato, i figli minorenni e i figli maggiorenni studenti e lavoratori precari fino ai 26 anni o inabili, i figli postumi, i nipoti se in situazione di bisogno o se mantenuti dal defunto e, se mancano, i genitori se hanno almeno 65 anni, risultino a carico del defunto e non siano titolari di pensione diversa dall’assegno sociale o i fratelli e le sorelle che siano inabili, a carico del defunto e non abbiano titolarità di pensione.

Perché il coniuge divorziato possa beneficiare della pensione ai superstiti, è necessario che soddisfi alcuni requisiti consistenti nella titolarità dell’assegno divorzile, nel non aver contratto nuove nozze e, nel caso di pensione di reversibilità, è inoltre necessario che il divorzio sia successivo al pensionamento del deceduto.

L’importo dell’assegno pensionistico ai superstiti è proporzionato alla pensione originaria, ma varia a seconda del concorrere di una o di più categorie beneficiarie; inoltre, se il beneficiario è titolare di un reddito, la sua quota di pensione viene ridotta in maniera proporzionata.

La pensione ai superstiti non va poi confusa con la possibilità per gli eredi di riscattare i contributi versati dal lavoratore morto prima di poter andare in pensione, quando ricorrono i necessari presupposti.

Pensione di Inabilità, di Invalidità e Assegno di Accompagnamento

Il sistema previdenziale italiano prevede una tutela per i soggetti con una incapacità lavorativa, originaria o acquisita, derivante da malattia o infortunio.

La pensione di inabilità sopravvenuta viene riconosciuta a lavoratori che abbiano una assoluta e permanente incapacità a svolgere qualsiasi attività lavorativa, che abbiano però effettuato versamenti contributivi per almeno 5 anni, dei quali 3 nell’ultimo quinquennio. Tale forma pensionistica è soggetta a reversibilità e può cumularsi con le diverse rendite INAIL per infortuni sul lavoro.

Invece, nel caso in cui la assoluta e permanente incapacità a svolgere qualsiasi attività lavorativa sia originaria, è prevista la pensione di invalidità che è pertanto indipendente dai versamenti contributivi ed è prevista per il periodo compreso tra i 18 e i 67 anni d’età, decorsi i quali il soggetto potrà diventare beneficiario dell’assegno sociale, spettante a chi non ha accumulato contributi sufficienti per la pensione di vecchiaia non avendo svolto attività lavorativa.

L’assegno di accompagnamento è una forma di assistenza riconosciuta, indipendentemente sia dallo svolgimento di attività lavorativa che dal versamento di contributi, a soggetti che abbiano una assoluta e permanente incapacità anche a compiere gli atti quotidiani della vita. Perché se ne possa usufruire è necessario avere l’accertamento della sussistenza di una incapacità civile al 100% definitiva o soggetta a revisione, e fondandosi sullo stato di bisogno del beneficiario non è soggetta a reversibilità.

Problematiche legate alle pensioni

La problematica principale legata alla pensione riguarda il progressivo invecchiamento della popolazione, che ha aumentato il numero dei pensionati rispetto ai lavoratori attivi che versano i contributi. Questa circostanza ha portato a dover modificare il precedente sistema, con il passaggio dal modello retributivo a quello contributivo, più penalizzante per il pensionato ma che, fondandosi su risorse economiche effettivamente conseguite consente agli enti previdenziali di poter erogare le pensioni dovute riducendo la necessità di ricorrere a finanziamenti straordinari.

Questa disparità ha però portato alla necessità di continui adeguamenti normativi, finalizzati ad attenuare le conseguenze negative che richiedono però un continuo aggiornamento da parte degli interessati, per evitare di incorrere in situazioni penalizzanti.

Un’altra questione riguarda la rivalutazione delle pensioni; a seguito dell’introduzione del sistema contributivo, si è reso ancor più necessario parametrare gli importi dei contributi versati al valore della moneta al momento del pensionamento. Tuttavia, la rivalutazione della pensione segue parametri propri, diversi da quelli monetari e, di conseguenza, l’importo della pensione può risultare inferiore a quello aspettato.

Cautele consigliabili

Per cercare di attenuare le difficoltà e le problematiche relative alla pensione, possono essere adottate alcune cautele.

Una prima, che però richiede una precedente pianificazione, è quella di aggiungere alla futura pensione dei fondi integrativi che consentano di conseguire un’entrata ulteriore alla pensione.

È poi importante controllare periodicamente la propria posizione previdenziale per verificare se tutti i contributi dovuti risultano effettivamente versati e registrati.

Ciò vale in particolare se i versamenti sono stati effettuati, a seguito di cambiamenti nell’attività lavorativa, ad enti previdenziali diversi. Sarà in questo caso importante verificare se vi sono possibilità di unificare la pensione presso un unico ente o se invece debbano forzatamente esserci pensioni separate. In queste situazioni potrebbe verificarsi che presso un ente si siano raggiunti i requisiti pensionistici e non altrettanto con altri enti presso cui si sono operati versamenti; in questo secondo caso andrà verificata la possibilità del rimborso.

Qualora poi si presentassero delle lacune o mancanze nel prospetto pensionistico spettante, è sempre possibile attivarsi la relativa integrazione sia tramite versamenti pensionistici veri e propri che con fondi integrativi di natura diversa, valutando tra le due la via più praticabile e meno onerosa.

Servirà in materia una previa attenta valutazione delle varie possibilità e il supporto di una assistenza adeguata.

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