Il tema del licenziamento è uno degli argomenti più delicati e complessi del diritto del lavoro, che ha reso necessario un susseguirsi di disposizioni normative oltre che di continue evoluzioni giurisprudenziali. La legge disciplina in modo articolato le modalità con cui un datore di lavoro può risolvere il rapporto di lavoro con un dipendente, distinguendo tra licenziamento per motivi oggettivi, soggettivi, discriminatori e il ricorso ai provvedimenti disciplinari.
Ultime disposizioni normative in materia di licenziamento
La prima regolamentazione del licenziamento è presente già nel Codice civile del 1942, successivamente, a partire dalla seconda metà degli anni ‘60 anche a seguito di quanto disposto dall’art. 4 della Costituzione, si è sviluppato un complesso quadro normativo a tutela del lavoratore, culminato con lo Statuto dei Lavoratori del 1970.
I successivi interventi normativi hanno poi cercato di bilanciare la giusta tutela dei lavoratori con le diverse, e a volte contrastanti, esigenze di competitività aziendale e di flessibilità del mercato del lavoro. Una svolta significativa si è quindi avuta con l’introduzione del Jobs Act (D.lgs. 23/2015) e i successivi aggiornamenti legislativi intervenuti anche da ultimo.
Una delle principali ultime novità è stata l’introduzione del contratto a tutele crescenti, che ha modificato il regime sanzionatorio per i licenziamenti illegittimi. In particolare, per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, il risarcimento in caso di licenziamento ingiustificato non prevede più il reintegro automatico nel posto di lavoro, se non in casi specifici come il licenziamento discriminatorio o nullo per violazione di norme di legge. In alternativa, è previsto un indennizzo economico, la cui entità cresce in base all’anzianità di servizio del lavoratore.
Licenziamento per Motivi Oggettivi e Soggettivi
Il licenziamento può avvenire per motivi oggettivi o soggettivi, mentre presenta significative differenze il licenziamento discriminatorio. Il licenziamento può anche essere il provvedimento culminante di progressivi interventi disciplinari nei confronti del lavoratore.
Se il licenziamento non rispetta i parametri previsti il lavoratore ha la possibilità di contestarlo entro precisi termini, per richiedere il giusto indennizzo e, quando previsto, anche la reintegrazione nel posto di lavoro. Ha invece una portata diversa e conseguenze più significative la contestazione del licenziamento nullo, quando cioè mancano del tutto i parametri di legge o si è in presenza di una grave violazione del datore di lavoro.
1. Licenziamento per Motivi Oggettivi: Si tratta di un licenziamento determinato da ragioni legate all’organizzazione aziendale, come la soppressione della posizione lavorativa per riduzione del personale, crisi aziendale o chiusura dell’attività. In questi casi, il datore di lavoro deve dimostrare l’effettiva esistenza della causa oggettiva che ha reso necessario il licenziamento.
Inoltre, deve rispettare specifiche procedure, come il preavviso al lavoratore e, in alcuni casi, la comunicazione alle rappresentanze sindacali.
Le semplici esigenze aziendali non sono comunque sufficienti a giustificare il licenziamento dal punto di vista oggettivo; è infatti necessario che il datore di lavoro abbia provato a identificare, senza successo, alternative al licenziamento stesso, quale il ricollocamento del lavoratore all’interno della stessa azienda anche se in diversa posizione mantenendo però ruolo analogo.
Il licenziamento per motivi oggettivi può comportare, se non giustificato o se non seguito correttamente, il diritto del lavoratore a ottenere un risarcimento economico o, nei casi più gravi, il reintegro.
2. Licenziamento per Motivi Soggettivi: Questo tipo di licenziamento è legato a comportamenti del lavoratore che violano gli obblighi contrattuali. Può trattarsi di una grave negligenza o di un comportamento contrario agli interessi dell’azienda, come il furto o la divulgazione di segreti industriali. In questo caso, il datore di lavoro deve previamente contestare gli addebiti al lavoratore, il quale ha diritto di difendersi.
La gravità della condotta del lavoratore determinerà la sussistenza dei presupposti per il licenziamento, che potrà avvenire con o senza preavviso. Nel caso di una giusta causa (motivi soggettivi molto gravi), il licenziamento può essere immediato, senza preavviso.
In tutti questi casi, sia di licenziamento per motivi soggettivi che per giusta causa, il lavoratore avrà comunque la possibilità di contestarlo nei termini per richiedere un giusto indennizzo e, quando previsto, anche la reintegrazione nel posto di lavoro.
Il Licenziamento Discriminatorio
Diverso è invece il caso di licenziamento discriminatorio, da considerarsi nullo e privo di effetti indipendentemente dalla tipologia contrattuale del lavoratore. Esso si verifica quando la risoluzione del rapporto di lavoro è motivata da ragioni legate a etnia, genere, religione, orientamento sessuale, disabilità, opinioni politiche o affiliazione sindacale del lavoratore.
La normativa italiana e la giurisprudenza europea hanno rafforzato le tutele contro questo tipo di licenziamento, stabilendo che, in caso di discriminazione, il lavoratore ha diritto al reintegro nel posto di lavoro e al risarcimento del danno subito. Il datore di lavoro è inoltre passibile di ulteriori sanzioni, sia pecuniarie che penali, a seconda della gravità dell’atto discriminatorio.
Provvedimenti Disciplinari e Licenziamento
Il licenziamento può anche essere l’ultimo passaggio di un processo disciplinare, che può iniziare con l’adozione di provvedimenti meno gravi, come l’ammonizione o la sospensione. La procedura disciplinare è regolata dallo Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970), che prevede una serie di garanzie per il lavoratore.
Il processo disciplinare riguarda violazioni a regole ritenute fondamentali dall’azienda per il corretto svolgimento dell’attività. Tali regole devono essere esposte in modo visibile a tutti i lavoratori, per renderli consapevoli dei comportamenti permessi in azienda e di quelli vietati come, ad esempio, l’assenza ingiustificata, la collaborazione con aziende concorrenti, la diffusione di notizie riservate o l’assenza alla visita fiscale.
Quando un datore di lavoro ritiene che un dipendente abbia commesso una violazione di tal genere, deve comunicarglielo per iscritto attraverso una contestazione disciplinare. Il lavoratore ha diritto di rispondere entro un termine prestabilito (di norma cinque giorni) e solo dopo aver esaminato le sue difese il datore di lavoro può decidere se applicare la sanzione disciplinare.
Le sanzioni disciplinari sono graduate in base non solo all’intensità e alla gravità della violazione ma anche alla ripetitività e comprendono, in ordine crescente, l’ammonimento verbale, la diffida scritta, le sanzioni economiche di decurtazione dello stipendio, la sospensione e nei casi più gravi il licenziamento.
La sanzione disciplinare sproporzionata o ingiustificata potrà essere impugnata dal lavoratore davanti al giudice del lavoro, per chiederne la revoca o per una richiesta risarcitoria. Nel caso in cui la sanzione oggetto di impugnativa sia quella del licenziamento, valgono le regole di impugnativa previste per i licenziamenti per motivi oggettivi e soggettivi.
Considerazioni conclusive
Andando a colpire un fondamentale diritto della persona tutelato anche dall’art.4 della Costituzione, Il licenziamento è quindi necessariamente un atto giuridico complesso, che richiede al datore di lavoro un’attenta valutazione delle circostanze e il rispetto di precise procedure. Le ultime disposizioni normative hanno introdotto significative modifiche nel regime sanzionatorio, con l’obiettivo di bilanciare le esigenze delle imprese con la tutela dei lavoratori. Le diverse tipologie di licenziamento – per motivi oggettivi, soggettivi e discriminatori – comportano conseguenze diverse, rendendo fondamentale per entrambe le parti una piena consapevolezza dei propri diritti e doveri. I provvedimenti disciplinari a loro volta rappresentano uno strumento importante per gestire le relazioni lavorative, ma devono essere adottati con necessaria cautela.